IL PRESEPE
La
parola presepe deriva
dal latino “praesaepe”
ovvero "davanti alla siepe" e,
per, estensione ha cominciato a indicare anche la stalla oppure la mangiatoia
posta in una stalla.
Attualmente,
con presepe, si indica la raffigurazione della natività di Betlemme.
CHI
LO INVENTÒ
Si
crede che l'inventore del
presepe sia stato San
Francesco d'Assisi che lo realizzò nel 1223.
Tommaso
da Celano, il frate che raccontò la vita del santo, narra che Francesco nel Natale del 1222 si recò a Betlemme dove si
aggregò alle funzioni liturgiche della nascita di Gesù, rimanendo profondamente colpito da queste
rappresentazioni sacre.
Quando
San Francesco tornò in Italia, chiese a papa Onorio III di raffigurarlo anche
lì.
Il
Papa però non glielo permise (a quell'epoca la rappresentazione dei drammi
sacri era vietata), gli concesse, però, di celebrare la messa in una grotta.
La
notte e la celebrazione liturgica furono illuminate da fiaccole e, dentro la
grotta, fu collocata una mangiatoia riempita di paglia, con accanto un asino e
un bue. In realtà non si trattò di
un presepe vero e proprio, ma di una messa celebrata in una grotta e non in una chiesa.
Città
molto famosa per la produzione del presepe è Napoli.
Il presepe napoletano è una rappresentazione della nascita di Gesù
ambientata tradizionalmente nella Napoli del Settecento. A volere una
raffigurazione della natività fu re Carlo III di Borbone che aveva una vera passione per le arti
manuali.
All’epoca,
tra i nobili, fare il presepe divenne una competizione, perché tutti volevano
le lodi del re per le proprie creazioni. E accadde anche che il presepe perse
le caratteristiche originarie, quand’era umile e povero, per dare spazio ad una
scenografia più affascinante e maestosa. La semplice mangiatoia si trasformò in
un’elaborata costruzione che prevedeva un paesaggio con montagne, salite e discese,
vicoli e scalinate; nella parte pianeggiante veniva raffigurata la tradizionale
grotta, affiancata dalle osterie nelle quali, secondo la narrazione dei Vangeli, Giuseppe e Maria non avevano trovato posto a
Betlemme.
I
pastori (termine con cui si
indicano tutti i personaggi che compongono il presepe) non erano altro che le
figure tipiche del popolo napoletano: contadini, artigiani, pescatori,
mendicanti. Gesù era nato tra la gente più umile che era quindi rappresentata
certamente non in pose “nobili”, ma nelle attività quotidiane o nei momenti di
svago: al mercato, nelle osterie, nelle botteghe.
Insieme
ai pastori, sul presepe c’erano animali, strumenti di lavoro e musicali, prodotti
dell’orto e oggetti vari riprodotti in scala.
Se
è vero che i personaggi dovevano essere più realistici possibile, allora dovevano
indossare vestiti in tessuto... ed ecco che anche le donne di corte entravano
in gioco nella realizzazione del presepe, dedicandosi alla fase della
vestizione dei pastori, con abiti realizzati a mano con stoffe e tessuti
provenienti dagli opifici reali di San Leucio. Le figure più importanti erano
inoltre vestite con veri gioielli in miniatura, realizzati dagli orafi dell’epoca.
Tale
era la passione del re Carlo III che, quando si trasferì in Spagna, portò con
sé un grandissimo presepe e degli abili artigiani per continuare lì la
tradizione napoletana.
Il presepe napoletano del ‘700 divenne
così, più che la semplice rappresentazione della nascita di Gesù, come narrata
dai Vangeli, un vero e proprio tuffo nella vita partenopea dell’epoca. Non
poteva quindi non diffondersi nelle case popolari, seppur con minore qualità.
Ospitato in una teca, il presepe era composto da un piccolo “scoglio” abbellito
con qualche pastore. Da quel momento, però, la realizzazione dei pastori si
trasformò in un vero e proprio mestiere.
La
moda del presepe attraversò l’intero secolo e, solo nell’800, iniziò a perdersi:
la maggior parte delle costruzioni esistenti furono smontate, vendute o
disperse. Tra le poche realizzazioni dell’epoca sopravvissute fino ai giorni
nostri vi sono il grande presepe reale, conservato nella reggia di Caserta, e
quello donato alla città di Napoli dallo scrittore Michele Cuciniello, conservato nel museo della Certosa di San Martino.
La
tradizione napoletana del presepe, però, è arrivata fino ai giorni nostri. Le
famiglie del napoletano, nel periodo prima di Natale, si recano nelle aree dove
il presepe continua a esistere, specialmente nella zona di San Gregorio Armeno,
per ammirare le varie rappresentazioni artistiche degli artigiani della zona.
Per
esperienze personali, a malincuore, devo ammettere che la qualità del presepe
di San Gregorio Armeno negli ultimi anni è scesa parecchio. I vari artigiani
storici, sono stati sostituiti da piccole botteghe straniere, che realizzano
pezzi in plastica con materiali economici, in modo tale da presentare ai
clienti prezzi più bassi e abbordabili. Quindi, secondo me, i pochi artigiani
rimasti, non costruiscono semplici presepi, ma portano avanti una grandissima
tradizione, che risale a più di 300 anni fa.
Ruggiero Aliperti 2B