Da pochi mesi è iniziata
per noi una nuova avventura: frequentiamo la prima classe della scuola
secondaria di primo grado. Tutti, pertanto, abbiamo vissuto, fin dal primo
momento, grandi emozioni.
Sicuramente, però, la
prima gita scolastica ha rappresentato l’attività più attesa, il momento in cui
avremmo potuto, se possibile, conoscerci ancora meglio.
E così, mercoledì 30
novembre, il fatidico momento è arrivato.
Eravamo tutti emozionati,
ansiosi ed eccitati. Nessuno, infatti, è arrivato tardi all’appuntamento: 7.45
all’ingresso della scuola.
Il tempo di sbrigare le
solite formalità e via. Destinazione Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa.
Il Museo si trova tra
Napoli e Portici, precisamente tra il mare del Golfo di Napoli e la stazione
ferroviaria di Pietrarsa-San Giorgio a Cremano.
Arrivarci da Nola in
pullman ha richiesto, quindi, circa un’ora, ma per noi è stato bellissimo: nel
nostro autobus eravamo tre classi, due prime e una seconda; abbiamo cantato a
squarciagola quasi per l’intero percorso nonostante i richiami delle povere
professoresse quasi assordate dalle nostre voci.
Arrivati alla meta,
abbiamo fatto una piacevolissima passeggiata per poi ritrovarci davanti ad un
cancello oltre il quale si intravedevano dei binari. Aveva inizio così il
nostro viaggio nella storia, un tuffo nel passato alla scoperta delle
locomotive e dei treni che hanno fatto la storia dell’Italia e delle sue
ferrovie.
Avevamo la possibilità di
ripercorrere 180 anni di storia delle Ferrovie italiane all’interno degli
edifici di quello che un tempo era il Reale Opificio Meccanico, Pirotecnico e
per le Locomotive fondato da Ferdinando II di Borbone nel 1840.
La guida, cordiale e
gentile, ci ha spiegato che proprio Ferdinando II commissionò il primissimo
tratto ferroviario italiano, la linea Napoli – Portici, inaugurata il 3 ottobre
1839. Ecco perché il grande museo ferroviario si trova proprio qui.
Che emozione sarà stata
per gli uomini italiani del tempo passare dalle carrozze trainate dai cavalli
ai treni. Non si doveva sfigurare davanti a Francia e Inghilterra. E così fu.
Certo le differenze sociali si vedevano sui treni: i ricchi ad esempio
viaggiavano in carrozze chiuse al riparo dal vapore che risultava fastidioso
per la respirazione. Tutto sommato, però, tutti usufruirono dei vantaggi di
questi nuovi mezzi di trasporto.
La guida ha poi
cominciato a illustrare le varie locomotive a vapore, partendo naturalmente
dalla prima, la famosa Locomotiva Bayard.
Bayard è stata la prima
locomotiva a vapore usata per il trasporto di cose e persone.
Una locomotiva normale
non superava i 5 km all’ora; per decenni sono stati realizzati prototipi che
non avevano sufficiente potenza ma la tecnologia si è evoluta rapidamente e in
breve si è arrivati a costruire locomotive sofisticate come nel caso della
Bayard che poteva superare i 50 km all’ora.
La Bayard è una
locomotiva molto elegante ricca di finiture in ottone, il corpo centrale è
dipinto di un rosso splendente che ancora oggi è il colore delle nostre
ferrovie; ovunque si nota una gran cura nel design.
La guida è stata
eccellente nel descriverci il funzionamento della macchina a vapore, facendoci
vedere un interessantissimo video, e ci ha fatto notare anche le “targhe” dei
treni ossia il tratto distintivo di ognuno di essi.
Ci è rimasto impresso il
numero 829-001: 829 è il modello, 1 indica il primo modello in assoluto.
Intanto, però, la fame
aumentava e abbiamo trovato un po’ di tempo per fare merenda. Anche i bambini
hanno bisogno di carburante!
Subito dopo, eccoci
pronti per passare dal vapore all’elettrico: sembrerà strano ma uno dei treni
elettrici più veloci si chiamava Tartaruga. Quando si dice che l’abito non fa
il monaco!
Certo, com’erano belli i
treni di una volta, curati nei particolari come belle miniature: addirittura
c’era un ingresso speciale, una specie di tappeto rosso per il re e la regina
che erano protetti da due guardie fisse sul tetto del treno. Dei veri equilibristi!
Abbiamo visitato gli
interni di questi treni e sembrano proprio delle piccole case in movimento, con
ogni confort possibile per quei tempi.
Che dire? Oggi nessun
macchinista ha il volto sporco di carbone e in poche ore possiamo percorrere
distanze enormi. Ma il fascino di una volta è tutt’altra storia!
Bravissimi! Mi avete fatto rivivere una bellissima esperienza di qualche anno fa.
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